Ernst Mach.

Ernst Mach (Ritratto)

Ernst Mach nacque a Turas in Moravia nel 1838. Insegnò fisica a Graz e a Praga e in seguito filosofia a Vienna. Morì nel 1916 ad Haar presso Monaco.
Le sue opere principali sono: La storia e la radice del principio di conservazione del lavoro,1872; Lineamenti della dottrina delle sensazioni in movimenti, 1875; La meccanica nel suo sviluppo storico-critico,1883; Contributo all’analisi delle sensazioni, 1886; 2a edizione, col titolo Analisi delle sensazioni, 1900; I principi della dottrina del calore, 1896; Il principio dell’analogia in fisica, 1894; Letture scientifiche popolari, 1896; Conoscenza ed errore, 1905.
La filosofia di Mach presenta molte affinità con quella di Avenarius, i due pensatori, pur avendo elaborato separatamente le loro dottrine, sono giunti alla medesima concezione biologica della conoscenza.
Il pensiero di Mach tuttavia si presenta più ricco ed articolato ed avrà una maggiore influenza sulla cultura di fine Ottocento: le sue idee saranno un fondamentale punto di riferimento per il neo-positivismo e per il Circolo di Vienna. Anche per Mach come per Avenarius solo ciò che può essere riferito all’esperienza diretta è degno di riflessione.
Le asserzioni non comprovate da dati sensibili sono prive di senso, ma altrettanto priva di senso è la pretesa della scienza di voler penetrare dove i sensi non possono arrivare perché là dove i sensi non arrivano non vi può essere nulla. Egli infatti è assai polemico con i positivisti e con la loro fede nel potere magico della scienza.
Come si è detto, Mach concepisce la conoscenza come un’attività di tipo biologico, più precisamente essa è un progressivo adattamento ai fatti dell’esperienza. E la ricerca scientifica non è altro che una prosecuzione, ad un livello superiore, di quel processo vitale per cui gli animali, grazie ai loro istinti, si adattano all’ambiente. Essa, attraverso il tramite dell’osservazione, adatta i pensieri ai fatti e collega i pensieri fra loro per mezzo delle teorie. Osservazione e teoria sono indivisibili.
Come i positivisti Mach ritiene che il fatto sia l’ultimo fondamento della conoscenza, ma, al contrario di questi, non ritiene che esso sia una realtà ultima, ma che sia a sua volta costituito di elementi originari: le sensazioni.
Un fatto fisico o psichico è un insieme di elementi semplici (colori, suoni, calore, ecc.), anche i corpi sono raggruppamenti simili, non hanno consistenza di tipo sostanzialistico (anche l’io è uno di questi raggruppamenti) e ciò che li costituisce sono le sensazioni che Mach spesso chiama elementi per evitare di connotare in senso troppo soggettivo il suo pensiero. Quindi non sono i corpi a dar luogo alle sensazioni, ma gli insiemi delle sensazioni formano i corpi; non sono le sensazioni a simboleggiare le cose, al contrario le cose sono simboli mentali che stanno ad indicare sensazioni che possiedono una certa persistenza.
I veri elementi dell’universo non sono le cose, ma le sensazioni. Un colore per es. è un oggetto fisico fintanto che lo consideriamo nella sua dipendenza dalle fonti luminose (altri colori, calore, spazio, ecc.), ma se lo consideriamo in quanto dipendente dalla retina esso è una sensazione, cioè un oggetto psicologico. Cade così la necessità di spiegare la genesi delle sensazioni facendo ricorso ad un fattore causale esterno, non sono infatti i corpi a generare le sensazioni, ma sono i corpi ad essere formati da fasci di sensazioni. Il fisico considera corpo ciò che è persistente ed elementi le sue manifestazioni transitorie, ma in realtà i corpi sono solo simboli che il pensiero usa per indicare complessi di sensazioni.
La teoria delle sensazioni tuttavia non va interpretata come un sensismo fenomenistico di tipo berkeleyano, per Mach la realtà è più complessa di un semplice insieme di sensazioni, essa è piuttosto costituita da relazioni funzionali fra gli elementi. Egli intende dimostrare che il carattere della sensazione non è soltanto di tipo psico-oggettivo, e si sforza di rendere indipendenti dalla soggettività i fenomeni e l’indagine su di essi.
Analogamente l’io non è un’unità sostanziale, il soggetto è privo di qualunque consistenza ontologica, esso è solo un’unità pratica di elementi sensibili uniti strettamente fra loro, e meno con altri, e avente valore semplicemente orientativo e biologico; risulta composto dagli stessi elementi costitutivi delle cose ed è proprio questo che permette la realizzazione della comunicazione io-mondo e dell’intersoggettività.
Mach però si rende conto che non si può liquidare l’io in modo così sbrigativo, come una semplice connessione particolare degli elementi, egli considera questa una definizione provvisoria; per definirne la natura occorre approfondire l’indagine, per questo chiama in causa fisiologi, psicologi e psichiatri.
Con queste affermazioni Mach viene ad annullare ogni distinzione fra fisico e psichico, ogni oggetto è entrambe le cose nello stesso tempo. Una tale distinzione ha solo carattere pratico e puramente convenzionale. Il fenomeno fisico si ha facendo astrazione dal corpo umano, il fenomeno psichico si ha invece quando si considera questo rapporto, ma interiorità ed esteriorità non significano nulla: gli elementi che li compongono sono gli stessi.
Contrariamente a quanto affermato da Avenarius, Mach sostiene che la distinzione fra fisico e psichico non è solo una deformazione dell’esperienza, ma è l’esito di una classificazione utile allo sviluppo dell’esperienza. I fenomeni vengono divisi in due classi: quelli che possono essere percepiti da tutti gli uomini e quelli percepiti da uno solo. Questa suddivisione porta a distinguere l’io proprio da quello altrui e a formulare le astrazioni del fisico e dello psichico, della sensazione interna e di quella esterna. La considerazione dell’uomo deve tener conto di entrambi i punti di vista generati da questa astrazione, quindi fisiologia e psicologia devono essere associate.
L’interpretazione del mondo non può avvenire in maniera corretta se non si rinuncia all’idea dell’io come realtà a fondamento di tutto. Mach, assai modernamente, concepisce il mondo come privo di fondamento, un luogo dove avvengono dei fenomeni che devono essere spiegati per mezzo di osservazioni empiriche sensoriali e di misurazioni fisico-matematiche, gli strumenti di indagine che saranno propri del Circolo di Vienna. Partendo da questa concezione dell’io, Mach ridefinisce il concetto che finisce per trovare la sua origine e la sua destinazione nelle sensazioni.
Il concetto è una reazione dell’attività sensibile che produce l’estensione e l’arricchimento di questa stessa attività. La costruzione e l’uso dei concetti sono regolati dal principio dell’economia, ciò perché la varietà di reazioni biologiche possibili all’uomo è molto minore della varietà di ciò che esiste realmente. Ciò induce l’uomo a classificare i fatti per mezzo dei concetti. Il concetto ha la funzione di richiamare la totalità di tutte le reazioni relative all’oggetto scelto e di convogliare questi ricordi nella coscienza come se si tirasse un filo. Il concetto quindi non ha carattere intuitivo, ma è un segno che rappresenta e simboleggia grandi classi di fatti. All’intuizione attuale sostituisce un’intuizione potenziale ovvero la possibilità certa di riprodurre gli elementi intuitivi acquisiti in precedenza. Il concetto scientifico in particolare soddisfa queste esigenze.

“La scienza sostituisce all’esperienza rappresentazioni o immagini mediante le quali diventa più facile maneggiare l’esperienza stessa.”(La meccanica nel suo sviluppo storico).

I concetti della scienza sono segni riassuntivi e indicativi delle reazioni che l’organismo umano ha nei confronti dei fatti. Ciò non vuol dire che siano arbitrari però, Mach infatti condivide con Newton la concezione di scienza come descrizione dei fatti o meglio di ciò che c’è in essi di uniforme e di costante.
L’uniformità e la costanza non dipendono da un’ipotetica sostanza materiale, ma dalle reazioni organiche per mezzo delle quali avviene il loro ordinamento e la loro classificazione.
Secondo Mach i corpi sono fasci di reazioni legate fra loro, questo accade in tutti i fenomeni che noi classifichiamo e nominiamo. Quello che è costante in essi

“è sempre la dipendenza regolare delle reazioni tra loro e questo soltanto. Questa è la nozione di sostanza spiegata dal punto di vista critico”. (Conoscenza ed errore).

Per Mach al concetto tradizionale di causalità si deve sostituire quello matematico di funzione, cioè di interdipendenza dei fenomeni tra di loro. Anche il concetto di legge naturale muta, essa non è più la regola inviolabile secondo cui si producono i fenomeni della natura, ma diviene lo strumento della previsione scientifica. Il significato biologico della legge di natura viene da Mach definito con l’espressione restrizione dell’attesa.
Una legge può essere considerata una restrizione dell’azione, una guida invariabile di ciò che accade nella natura, un indicatore per mezzo del quale possiamo anticipare col pensiero gli avvenimenti, comunque la consideriamo, una legge è sempre una restrizione di possibilità.
Il progresso della scienza porta alla restrizione: le nostre attese del futuro sono sempre più determinate e precise. Questo può accadere astraendo e semplificando i fatti e costruendo schemi ideali che non si trovano in natura (es. moto accelerato uniforme); e se il fatto corrisponde a questi modelli idealizzati allora anche la nostra attesa sarà esattamente determinata. Una proposizione scientifica ha sempre significato ipotetico:

“Se il fatto A corrisponde ai concetti M, la conseguenza B corrisponde ai concetti N, così come A ad M”.

Mach si sbarazza assai più efficacemente di Avenarius di tutte quelle categorie gnoseologiche ormai superate quali la sostanza, l’accidente, e dello stesso impianto delle categorie kantiane. Del tempo, dello spazio e del movimento fornisce invece una versione empiristica che avrà notevoli ripercussioni sulla riflessione epistemologica seguente.
Mach, la cui competenza nelle scienze fisiche era notevole, è uno dei filosofi di fine ‘800 che meglio riesce a comprendere le profonde innovazioni teoriche del sapere scientifico al quale dà un importante contributo.
Egli rivede criticamente i concetti di forza e di causa contestando il valore paradigmatico del meccanicismo, ridimensionando le pretese universalistiche della scienza e collocandola in una dimensione storicistica e funzionale, relativa cioè a determinatati presupposti e contesti della legge scientifica. Compito del sapere è per Mach, non tanto la ricerca di metafisiche e improbabili essenze, ma piuttosto la comprensione delle strutture e dei comportamenti dei dati fenomenici.

“Nella ricerca scientifica importa solo la conoscenza della connessione dei fenomeni”.

E le connessioni più importanti sono quelle più semplici, più rapide e più controllabili.
Fondamentale è per Mach l’ampliamento del sapere da lui concepito come crescita oggettiva delle nozioni concernenti i fenomeni. Importante è anche l’aspetto convenzionalistico-pragmatico del suo pensiero: la scienza è costituita da simboli (leggi e concetti) che non hanno tanto il compito di riflettere la realtà, quanto quello di organizzarla al servizio degli interessi umani. La scienza fornisce finzioni provvisorie,[...] espedienti utili all’orientamento provvisorio e per determinati fini pratici.

Su ciò si fonda la concezione economica della conoscenza:

“esporre il più completamente possibile i fatti col minore impiego di pensieri”.

Le teorie servono a raggruppare i fenomeni e a prevederli con il minimo dispendio di energie. La filosofia di Mach rompe con il concetto positivistico della scienza. I capisaldi del suo pensiero, l’interpretazione dei concetti come segni e quella delle leggi scientifiche come strumenti di previsione, costituiscono le basi della fase critica della fisica che si compirà con la teoria della relatività e la meccanica quantistica.

Autori:
Gianpaolo DELUCCHI
Grazia TANZI