PRECARIAMENTE a scuola: pagine di riflessione e lotta |
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ultimo aggiornamento 17-07-2008 |
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Questa pagina, a cura del Costituente Comitato Precari della Liguria, propone una riflessione sullo stato della scuola, sull'emergenza educativa e sull'irrisolto problema del precariato. Attraverso la partecipazione diretta dei lettori si è voluto elaborare un manifesto per la scuola di tutti, da diffondere e condividere, nell'intento di coagulare il vario mondo associativo della Scuola, e non solo, intorno ad un unico insieme di valori. Questo spazio di democrazia "virtuale" rimarrà aperto per il tempo necessario alla sottoscrizione da parte dei lettori e delle associazioni che si riconoscono in esso. |
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Quando iniziammo l’esperienza della redazione, condivisa ed aperta a chiunque avesse voluto intervenire, del Manifesto non avevamo ancora letto le parole che seguono, scritte ben nel lontano 1950 da Piero Calamandrei. Avere scoperto questo scritto è stato a dir poco un’esperienza fulminante. Le parole di Calamandrei sulle sorti della Scuola di Tutti hanno davvero del profetico e appaiono ai giorni nostri di un’attualità sconvolgente. “Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico” Piero
Calamandrei - discorso pronunciato al III Congresso in difesa della Scuola
nazionale a Roma l'11 febbraio 1950 |
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INDICE: PARTE PRIMA: LINEE DI PRINCIPIO DEL MANIFESTO PARTE SECONDA: INDIVIDUAZIONE DELLE CRITICITA' E DELLE PECULIARITA' DELLA SCUOLA DI TUTTI
2.1.................. I tagli al bilancio 2.2.................. La questione degli organici 2.2.1............... Il modello includente italiano 2.2.2................La geomorfologia del territorio 2.2.3................Il tempo pieno 2.2.4............... La religione a scuola 2.2.5................Conclusioni sulla questione degli organici 2.3.................. Lo status sociale ed economico del personale docente 2.4.................. La formazione del precariato 2.4.1................Lo stato di precarietà
PARTE TERZA: PROPOSTE PER SUPERARE L'EMERGENZA
3.1..................L'organico funzionale 3.2..................Ruolo delle O.O.S.S.
PARTE IV: RIVENDICAZIONI
Indice delle Tavole:
Tavola 1 - Stipendi medi in Europa di un professore di scuola secondaria superiore dopo 15 anni di anzianità Tavola 2 - Dieci anni di precariato nella scuola statale
PARTE PRIMA: LINEE DI PRINCIPIO DEL MANIFESTO Riteniamo il sistema pubblico dell'istruzione parte fondamentale ed
indispensabile per la formazione di una cittadinanza critica e
responsabile. Crediamo nella libertà di insegnamento così come
enunciato dall’articolo 33 della Costituzione italiana che recita “L'arte
e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento”. PARTE SECONDA: INDIVIDUAZIONE DELLE CRITICITA' E DELLE PECULIARITA' DEL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO Individuiamo in una miope politica di tagli indiscriminati sia al bilancio del comparto scuola sia agli organici le principali cause dell'emergenza educativa in atto. Gli insoddisfacenti risultati, resi pubblici dall'OCSE, sono da attribuirsi al fatto che, di pari passo allo scadimento delle attese, la spesa per l'istruzione in rapporto al PIL diminuiva notevolmente attestandosi all’attuale 4,7% del PIL contro il 5,5% di quindici anni prima. Se negli ultimi anni la spesa per l'istruzione fosse rimasta inalterata le
casse delle scuole e delle università italiane, direttamente o
indirettamente, avrebbero ricevuto 12 miliardi di euro in più che si
sarebbero tradotti in un miglioramento dell’efficacia educativa. Gli
investimenti italiani invece si discostano in maniera vistosa dalla media
dei 32 paesi Ocse (al 5,2 per cento nel 2003) e da Francia, Danimarca e
Finlandia che viaggiano attorno al 6 per cento. I dati del 2006, in relazione al rapporto insegnanti - studenti in Italia, farebbero pensare ad una situazione squilibrata rispetto alla media europea. Nell'istruzione primaria, il rapporto è di 10,7 studenti per ciascun insegnante, il livello più basso tra i paesi OCSE e molto inferiore alla media OCSE che è del 16,9; nell'istruzione secondaria 11 studenti per insegnante contro la media OCSE del 13,3. 2.2.1) IL MODELLO INCLUDENTE ITALIANO Questi dati non tengono però conto del peculiare modello scolastico italiano che comprende tra coloro che hanno diritto all'istruzione anche gli alunni diversamente abili, ritenendone indispensabile l'inclusione, avendo, da circa 30 anni, abolito le ghettizzanti scuole differenziali. Si consideri il fatto che il taglio agli organici sul sostegno si rivelerebbe sul lungo periodo una misura miope in quanto i costi dell’assistenza sarebbero più alti, laddove non si fosse favorita massimamente l’autonomia. A smentire le statistiche di un organico sovradimensionato ricordiamo che circa 160.000 alunni diversamente abili hanno beneficiato della professionalità di circa 90.000 insegnanti di sostegno ( Rapporto - Scuola in cifre - MIUR luglio 2005) di cui la metà precaria. La legislazione scolastica italiana peraltro si è evoluta in ottemperanza all’art. 34 della Costituzione che recita “La scuola è aperta a tutti” Nel resto dell’Europa gli alunni diversamente abili frequentano scuole speciali. Pertanto gli operatori che se ne occupano non vanno ad aumentare il numero dei docenti. Solo in Francia per questi ragazzi viene destinato un organico di 280.000 operatori sociali, che appartengono comunque ad amministrazioni diverse dalla scuola. 2.2.2) LA GEOMORFOLOGIA DEL TERRITORIO Confronti con altri paesi non tengono conto della particolare geomorfologia del territorio italiano che rende indispensabile la dislocazione delle scuole anche in luoghi non facilmente raggiungibili come le piccole isole e le comunità montane. Si pensi, di contro, all'“esagono” francese o alla Germania, ma anche alla compattezza geografica di paesi come Belgio e Olanda.
Inoltre l'Italia beneficia di un superiore numero di ore di insegnamento rispetto ad altri paesi per la richiesta di tempo pieno e prolungato necessario e richiesto dalle famiglie che altrimenti dovrebbero sottrarre energie al lavoro, al reddito e allo sviluppo del Paese. Da noi circa il 35% della scuola primaria - finché si riuscirà a resistere agli evidenti tentativi di smantellamento - funziona a tempo pieno (con 70.000 insegnanti in più rispetto al tempo normale) Evidenziamo inoltre un'anomalia caratterizzante il nostro paese. Unico tra i paesi occidentali, annovera tra i docenti stipendiati con il denaro di tutti, i docenti di religione cattolica. Ricordiamo, a questo proposito, le novità salienti introdotte dal Concordato Craxi-Casaroli del 1984 inerenti i rapporti tra Stato e Chiesa:
Tale personale è stato recentemente assunto nei ruoli dallo Stato su segnalazione nominativa della curia in spregio al dettato costituzionale che vuole il reclutamento dei dipendenti dell'Amministrazione svolto tramite procedura concorsuale. Evidenziamo che nella Scuola italiana vi sono 25.679 insegnanti di religione cattolica (di cui 14.670 di ruolo) che vanno a gonfiare l'organico di diritto.
2.2.5) CONCLUSIONI SULLA QUESTIONE DEGLI ORGANICI
La Scuola nel 2005-2006 necessitava di 737.250 docenti sull'organico di diritto. A questo numero, insufficiente per garantire il diritto allo studio di tutti andavano aggiunti circa 120.000 - 130.000 docenti a tempo determinato (organico di fatto). Si raggiungeva quindi la cifra di circa 850.000 docenti. A questo numero però va sottratta la cifra di quelli destinati all'insegnamento della religione cattolica (25.687), la cifra degli insegnanti di sostegno (circa 90.000) e la cifra destinata al tempo pieno (circa 70.000).
Quindi se al numero complessivo dei docenti (organico di diritto più organico di fatto) sottraiamo il numero di quelli che caratterizzano il nostro sistema scolastico (docenti di sostegno, di religione, per il tempo pieno) otteniamo una cifra ben minore di quella comparata con gli altri sistemi europei (circa 664.000). Inoltre a questo numero andrebbe sottratta la quota, non facilmente rilevabile dei docenti impiegati nelle piccole isole e nelle località di montagna.
Oltre alla diminuzione delle risorse economiche destinate alla scuola lo scadimento del successo dell'azione educativa va altresì ricercato nella perdita di status della figura dell'insegnante e nell'interruzione della continuità didattica degli insegnanti causato dall'alternarsi dei docenti in un unico ciclo di istruzione sulla stessa disciplina dovuto ad un intenso ricorso al precariato. In sempre più numerose realtà la minore considerazione e le minori aspettative nutrite nei confronti della scuola da parte della società finiscono per influire sul rapporto collaborativo tra famiglia e insegnanti. L'insegnante, un tempo visto dalla comunità come figura influente e riferimento per l'educazione dei propri figli, viene vissuto oggi come un grigio impiegato dello Stato sottopagato: una sorta di asceta intellettuale che viaggia, quando se lo può permettere, in Panda e che ha difficoltà economiche a sostenere il suo aggiornamento sia esso un corso di perfezionamento o l'acquisto di un libro. In una società basata sul successo e sull'immagine risulta improponibile come modello e finisce per risultare socialmente marginale. La tabella seguente riporta gli stipendi medi di un docente di scuola media superiore nei paesi UE.
La richiesta che oggi giunge al docente, non solo dagli strati più deboli della nostra società, è quella di abdicare alla sua missione di educatore, "di chiudere un occhio", di sostituire alla formazione della persona il semplice ottenimento dell'attestato o del diploma. Nell'orizzonte dell'autonomia questo atteggiamento finisce per privilegiare quelle Scuole che ne garantiscono l'ottenimento con una certa facilità penalizzando quelle che invece mirano ad un più alto livello di formazione ma così facendo la Scuola cesserà la sua funzione di ascensore sociale appiattendo verso il basso il livello di istruzione dei nostri ragazzi. Se nella scuola elitaria di molti anni fa, la selezione avveniva esplicitamente bocciando, non si deve correre il rischio di effettuare una selezione che, tuttavia, è più subdola: quella nascosta. E' selezione nascosta quella che promuove tutti indiscriminatamente, dando un pezzo di carta che non potrà mai essere motore di mobilità sociale se non si sono raggiunti quegli obiettivi formativi che la scuola di oggi deve continuare a dare. 2.4) FORMAZIONE DEL PRECARIATO Per quanto concerne la formazione del precariato questa avviene in quanto le singole istituzioni scolastiche determinano il fabbisogno di insegnanti per ogni anno scolastico in funzione di formule astratte, in rapporto agli studenti che l'anno successivo frequenteranno la scuola. Tale rapporto definisce l'organico di diritto, ovvero il numero di insegnanti di cui la singola istituzione, per diritto, dovrà disporre. Al momento dell'inizio dell'anno scolastico accadrà che tale numero, di fatto, risulterà del tutto insufficiente per il normale funzionamento delle attività didattiche. Si procederà quindi a determinare il cosiddetto organico di fatto che si fonderà sul reale fabbisogno della scuola.
Ecco, a questo punto, entrare in gioco i circa 140.000 precari (numero per
difetto) che permetteranno il normale avvio dell’anno scolastico.
Crediamo fermamente che il miglioramento dei risultati educativi passi
necessariamente anche per la stabilizzazione del personale precario al
quale va restituita riconoscibilità sociale e dignità lavorativa. I
docenti precari, non sono insegnanti di risulta ne' parcheggiatori abusivi, sono professionisti
abilitati all'insegnamento attraverso concorsi pubblici (Concorsi
ordinari, Concorsi riservati, SSIS) che da anni svolgono l'attività di
insegnamento presso le Scuole pubbliche italiane. Non tutti coloro che sono
iscritti nelle graduatorie sono di fatto lavoratori nella Scuola Pubblica.
Una gran parte di essi non vi ha mai messo piede e se lo ha fatto, lo ha
fatto occasionalmente in quanto impiegato in altri lavori o dipendente di
Scuole Private. Pertanto se si volesse assumere tutti coloro che sono nelle
graduatorie suddette senza distinzione alcuna si finirebbe per escludere
molti precari autentici (lavoratori magari da decenni nella Scuola
Pubblica) per favorire soggetti che per mera definizione non lo sono
affatto in quanto hanno scelto altre soluzioni professionali spesso più
stabili o più remunerative. Chi ha scelto la Scuola Pubblica lo ha fatto
perché in questa, e non in altre soluzioni pedagogiche e formatrici,
fermamente crede.
si otterrebbe la dimensione vera del problema. Per
risolvere davvero definitivamente il problema basterebbe la volontà
politica e sindacale di volgere tutti i contratti a tempo determinato in
contratti a tempo indeterminato.
2.4.1) LO STATO DI PRECARIETA' Un altro nodo interessante da approfondire è la connessione tra la frustrazione del docente precario di lunga durata e la qualità della sua prestazione. Lo stato di attesa indefinita comporta una ferita dell'esistenza, una fonte di ansia immeritata, una diminuzione dei diritti di cittadinanza che in alcuni casi comporta una modificazione qualitativa della propria prestazione professionale. Il precario di lunga durata spesso non possiede lo stesso senso di appartenenza e di fedeltà all'Istituzione Scolastica di chi vi lavora da anni e non può sentirsi pienamente responsabile per un lavoro costretto di anno in anno ad interrompere per ricominciare in un'altra sede, il senso derivante è quello dell'estraniazione, della non appartenenza, dell'impotenza. Il sistematico ricorso al precariato impedisce la costruzione di una vera squadra di docenti e la realizzazione di organici percorsi multidisciplinari. La precarietà nega la continuità didattica e l'attuazione di percorsi formativi di lungo respiro. Priva i giovani di punti fermi culturali, metodologici e affettivi, essenziali nei processi di crescita. E' questa incertezza a minare la qualità, proprio dove ce n'è più bisogno ( nelle scuole di frontiera, per esempio, dove la percentuale di precari è prevalente ), costringendo chi è già povero culturalmente e socialmente ad accontentarsi di vedere la propria precarietà esistenziale saldarsi con la precarietà lavorativa dei loro insegnanti, privando i primi dei necessari punti di riferimento e i secondi della possibilità di calibrare interventi didattici più mirati. La precarietà deve lasciare il posto alla qualità dell'offerta formativa, perché si sostengano anche quanti sono socialmente e culturalmente più svantaggiati, così da riaccreditare il ruolo delle istituzioni come patrimonio comune ampliando le proposte di formazione. Le istituzioni rappresentano le uniche prospettive di riscatto delle aree depresse dove più numerosi sono gli Istituti con una utenza difficile. Il precariato scolastico è ormai una metastasi dell'istruzione italiana. Procura danni educativi ed affettivi agli alunni, professionali ed esistenziali ai docenti. Espropria il diritto degli studenti alla continuità didattica e agli insegnanti quello della serenità e stabilità lavorativa, depauperando il loro ruolo educativo e sociale. Questi docenti sono altresì necessari al normale funzionamento della scuola occorre quindi stabilizzarli per permettere loro di riappropriarsi del senso del proprio lavoro e di migliorarne quindi l'efficienza.
PARTE TERZA: PROPOSTE PER SUPERARE L'EMERGENZA Per superare il problema del precariato occorre riflettere sull'istituto del reclutamento dei docenti che va ripensato in termini di organico funzionale provinciale parificabile all'organico di fatto, ricalcando una soluzione che si era praticata dall’86 all’89, ovvero la creazione di una “dotazione organica aggiuntiva” su cui immettere in ruolo e coprire i vuoti nell’organico di fatto. In un sistema di questo tipo i docenti su questo tipo di organico funzionale avrebbero le stesse garanzie contrattuali dei docenti in forza all'organico di diritto ma non la sede definitiva in quanto potrebbero essere spostati, se necessario, di anno in anno a seguito delle esigenze dell'Amministrazione scolastica, fino al momento di passare all'organico di diritto stabile. Il possibile passaggio da una sede ad un'altra potrà avvenire solo per cessata necessità sulla sede di partenza onde preservare la necessaria continuità didattica ancora più evidente nel caso dei docenti impegnati nelle attività di sostegno. Inoltre
nell'ottica della percentuale di ore curricolari destinate all'autonomia
didattica dei singoli istituti è altresì necessario prevedere un organico
funzionale di istituto da dove attingere le professionalità
necessarie alla realizzazione concreta dell'autonomia scolastica Occorre che le O.O.S.S. prendano atto dell’insostenibilità del protrarsi di una simile situazione, oggi al sindacato si chiede di mettere da parte la timidezza e di svolgere il ruolo che gli è proprio ovvero aggregare e sostenere le persone a salvaguardia dei propri elementari diritti al di là di facili proclami e sterili comunicati stampa. Se questo non sarà praticabile resterà l'esasperazione dei lavoratori precari che spinge verso altre forme di lotta da cui le O.O.S.S. tutte resterebbero tagliate definitivamente fuori perdendo il senso del proprio ruolo e il diritto di rappresentatività. Oggi alle O.O.S.S si chiedono forme di lotta più incisive e innovative del semplice sciopero di una giornata o peggio di un'ora di lezione, di rifare propria quella storia che il 5 maggio del 1982 vedeva sfilare davanti al Ministero i 25.000 precari organizzati dal sindacato ottenere dei risultati. Nel periodo tra il 1997 e il 2005 il numero degli insegnanti a tempo determinato cresceva, secondo fonti del Ministero, di 48.000 unità passando da 76.000 a 124.000, nello stesso periodo la differenza tra le cessazioni dal servizio e gli assunti a tempo indeterminato registrava un saldo negativo di 38.300 unità, contemporaneamente, però, gli studenti aumentavano.
E' ovvio che un simile annoso trend evidenzia, impietoso, il fallimento dell'azione sindacale fino ad oggi intrapresa. Lo stesso strumento dello sciopero, una tantum o peggio di venerdì, si è rivelato un'arma spuntata. Senza dimenticare che lo sciopero, tradizionalmente inteso, si rivela efficace fino a quando danneggia economicamente il datore di lavoro; nella scuola accade l'inverso finendo per infastidire l'utenza e per danneggiare economicamente il solo personale che lo attua. Occorre quindi affiancare a questo strumento, che deve essere reso più incisivo (sciopero ad oltranza), lo sciopero bianco consistente nell'attenersi scrupolosamente alle Leggi, teso ad evidenziare le carenze di organico e le carenze strutturali del sistema. In altre parole occorre mostrare inequivocabilmente come il sistema, senza nessuna collaborazione o forme di volontariato, finisca per collassare. Per fare soltanto degli esempi di ciò che si è prospettato nelle scuole e nelle assemblee si potrebbero attuare le seguenti misure:
Riteniamo che l’efficacia dell’azione educativa passi necessariamente per l'immissione in ruolo su tutti i posti vacanti e disponibili. Dunque per quanto sopra dettagliatamente motivato nell'ottica di un rilancio dell'efficacia dell'azione educativa e formativa
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